LE NOSTRE RECENSIONI


Incontro con l'autore: Gianrico Carofiglio


Bentrovati Lettori Meravigliosi :)

Oggi pomeriggio torno tra voi con un nuovo appuntamento con la Rubrica Incontro con l'autore, che da qualche tempo non veniva rispolverata! L'occasione è una delle più ghiotte ed emozionanti a cui io abbia mai preso parte: per la seconda volta ho avuto la possibilità di incontrare uno degli autori italiani che più apprezzo da anni, di cui non mi sono sfatta sfuggire un libro e di cui non mi perdo ogni singola novità, Gianrico Carofiglio. Lo scorso giovedì, il 10 Novembre, lo scrittore è venuto a Bologna, nella bellissima Libreria Coop Ambasciatori (di cui vi ho già ampiamente parlato in un precedente episodio), per presentare il suo ultimo libro, L'estate fredda, uscito per la Casa Editrice Einaudi nei giorni scorsi.

Sebbene molti dei presenti conoscessero già Gianrico Carofiglio, Ettore Tazzioli, il moderatore dell'evento, ha voluto comunque introdurlo al pubblico attraverso un argomento, per così dire, abbastanza delicato: si è parlato subito di Etichette e più precisamente di quella che, dopo l'uscita del suo primo romanzo, Testimone inconsapevole (che vi consiglio assolutamente di leggere nel caso in cui non l'abbiate fatto), Corrado Augias gli ha affiancato in una recensione, definendolo uno degli scrittori di Legal Thriller italiani migliori degli ultimi tempi. L'autore ha affermato di non essersi mai visto con un'etichetta addosso, o quanto meno non ha mai pensato a se stesso in quanto tale, ma ha anche osservato, con il sorriso sulle labbra, che, forse, una simile definizione ha avuto il potere di incrementare le vendite e avvicinare una categoria di lettori anche ai suoi scritti: "in qualche modo le etichette aiutano i lettori a riconoscere il libro". Grazie a questo discorso ha potuto formulare un pensiero bellissimo circa i lettori ed il loro rapporto con i libri: "Ognuno si sceglie il libro che legge", ha affermato, precisando però di non riferirsi al semplice fatto di entrare in libreria e comprare un romanzo secondo i propri gusti, ma ad un rapporto molto più intimo ed intenso secondo il quale ci sarebbe un libro adatto per ogni lettore in relazione allo stesso e soprattutto al periodo di vita che si ritrova ad affrontare: la lettura è qualcosa di molto importante, molto intimo e molto profondo, ed io mi sono ritrovata completamente in queste parole, all'apparenza semplici, ma di una complessità d'animo incredibile.

Siamo poi passati a parlare, nello specifico, del suo ultimo lavoro ed Ettore Tazzioli ha volutamente tirato in ballo la precedente occupazione di Gianrico Carofiglio: prima di essere scrittore, infatti, egli può vantare una carriera da magistrato prima e da vice procuratore antimafia dopo ed in L'estate fredda ha voluto fare tesoro delle sue innumerevoli esperienze e rendere il libro per buona parte autobiografico riportando fatti, "per l'80%", realmente accaduti. Il motivo è presto svelato: come afferma l'autore stesso, in questo romanzo si è voluto raccontare una storia in cui il lavoro investigativo fosse quello di una volta, "dove le persone parlano con le persone e la tecnologia non era così avanzata". Ma perché prendere in considerazione proprio l'anno 1992? E' impossibile non guardare ad esso come anno fortemente simbolico e farli divenire una vera e propria metafora: il romanzo si situa tra le due stragi che più vengono ricordate (quella ai danni di Falcone prima e quella che ha visto la morte di Borsellino dopo) e Carofiglio ha volutamente preso in considerazione questo periodo proprio per l'importanza rivestita dallo stesso e da quel contesto particolare in cui le mafie pensavano di poter vincere, illudendosi, militarmente sulla nostra democrazia. Insomma, se stavate cercando un altro motivo per leggere il romanzo eccolo, nero su bianco.

E' stata messa in evidenza, sempre in relazione al libro, la sua particolare costruzione che vede un'alternanza tra i classici capitoli a cui siamo abituati a quelli contenenti in tutto e per tutto vere e proprie trascrizioni di verbali investigativi: questo, oltre a riprendere l'idea degli elementi autobiografici, è visto dall'autore stesso come una scommessa narrativa di cui si stanno già vedendo, e positivamente, i risultati. Quello che ha voluto rendere è essenzialmente "la sensazione del grottesco contrapposta a quella del tragico" e per quel poco che ho potuto constatare, credetemi, Carofiglio è riuscito pienamente nel suo intento.

Parlando dei personaggi, invece, si è voluto porre l'accento sul protagonista, il Maresciallo Fenoglio: egli rappresenta quello che per l'autore è il suo modello di investigatore ("nozione nettamente contrapposta a quella di investigatore modello", ci tiene a precisare!) e come tale racchiude in sé tutte le qualità che una figura simile deve possedere, ed una in particolare è stata sottolineata più volte: oltre a dover sapere studiare il comportamento umano, un buon investigatore deve saper praticare il dubbio, dunque se i fatti collidono con la tesi è quest'ultima che deve essere messa da parte. "Il bravo investigatore è colui che è capace di ammettere i proprio errori, di andare al di là di essi e di guardare le cose in base ai fatti e al di là del proprio punto di vista".

In ultimo, è stato posto l'accento su un aspetto ben specifico del romanzo nella sua interezza: L'estate fredda viene definito da Ettore Tazzioli "un inno alla parola" e questa visione viene confermata dal suo autore che lo definisce tale anche in relazione all'investigazione stessa, presa in considerazione come un colloquio per mettere alla prova ciò che già si conosce. Allo stesso modo questo Potere della Parola viene enfatizzato nel suo carattere attraverso una delle tematiche principali del libro: grazie a questa, la Violenza racchiusa qui dentro viene affrontata senza difficoltà, parola dopo parola appunto, e per merito di una visione diversa del protagonista principale la percezione che di questa ne ha il lettore è notevolmente diversa: Gianrico Carofiglio non trova compiacenza nel raccontare episodi che fanno della violenza il loro vero essere, e il Dovere della scrittura, dice, "è proprio questo, sottrarsi al narcisismo" proprio come l'Etica della scrittura "diviene trovare le parole giuste per dire quello che si ha da dire"

Chiudere un incontro con una frase simile ha fatto salire ancora di più, se ciò fosse possibile, la stima che ho sempre avuto per un autore del suo calibro e spero, in qualche modo, di avervi trasmesso questa passione che nutro nei confronti della sua persona e dei suoi grandi libri.

Ci ritroveremo ben presto di nuovo in compagnia di questa bellissima Rubrica, ve lo assicuro! :)

Commenti

Posta un commento