Rubricando: Intervista a Jessica Brody al Salone Internazionale del Libro 2015
Grazie a Leggereditore alcune Blogger hanno avuto la possibilità di intervistare Jessica Brody, autrice del libro Violet (RECENSIONE), primo volume della saga Unremembered.
Ciao Jessica, parlaci di “Violet”. Come hai avuto l’idea? Da cosa sei stata ispirata?
Nel 2009 ho letto la notizia di una ragazza sopravvissuta a un incidente aereo, aveva 14 anni, tutti gli altri passeggeri morirono e lei fu l’unica sopravvissuta. È stato un evento grave, strano: non esiste alcuna spiegazione su come sia stata l’unica sopravvissuta se non un miracolo. Mi sono posta delle domande come, per esempio, cosa è accaduto alla sua memoria in un momento simile? Era in grado di ricordare il proprio nome o qualche altra cosa? Cosa sarebbe accaduto se il suo nome non fosse comparso sulla lista passeggeri e le sue impronte digitali non fossero state registrate? Mi sono anche chiesta cosa sarebbe successo se lei avesse avuto dei poteri sovrumani. La domanda più importante è stata: qual è la vera ragione per cui è sopravvissuta all’incidente? Queste sono le domande che mi hanno spinta a scrivere il libro.
C’è una ragione precisa dietro la scelta di una protagonista femminile?
Ci sono due ragioni per le quali ho scelto una protagonista femminile.
La prima, la più importante, è che io amo leggere storie di giovani donne dal carattere forte. Per questo motivo ho creato il personaggio di una ragazza superiore ma, allo stesso tempo, fragile.
Il secondo motivo è che, da donna, questa scelta mi ha permesso di interfacciarmi al meglio con il personaggio. Penso anche che ci siano molti libri con protagonisti maschili e che sia ora di dare voce a più personaggi femminili.
Se potessi entrare nel tuo libro, quale personaggio ti piacerebbe incontrare?
Credo che mi piacerebbe incontrare Cody, il fratello adottivo. Credo che sia un personaggio molto divertente e con una grande personalità.
Hai un qualche particolare oggetto che ti ha tenuto compagnia durante la stesura del libro?
Sono stata a Disney World e ho comprato un tazza da tè. Sono una sognatrice e mi piace fantasticare sulle cose: la chiamo “la mia tazza magica” e ho convinto me stessa che in qualsiasi momento io beva caffè o tè da quella tazza è come se bevessi un succo magico. Ogni giorno mi siedo, sorseggio e aspetto l’ispirazione per scrivere.
Quali canzoni ascoltavi durante la stesura del libro?
Non ricordo con precisione, solo alcune: Save me di Eminem, A Thousand Years di Christina Perri, Treacherous Taylor Swift.
Se ti venisse chiesto di salvare un ricordo, prima che la tua memoria venga cancellata, quale salveresti?
Nel libro Seraphina non ricorda la propria identità e cerca di ricordare. Alla fine credo che se la tua memoria viene cancellata, o la perdi sarà sempre una voce vera, a tua, dentro di te. E in quella bisogna sempre credere.
In questo periodo le trilogie vanno di moda. Il primo libro finisce sempre con un colpo di scena irrisolto, mentre tu hai deciso di scrivere un finale del primo libro soddisfacente. Perché questa scelta?
È una domanda molto interessante. L’idea di concludere un romanzo con un colpo di scena finale che si collega a un secondo libro è utile e affascinante ma, dopo averci pensato, ho deciso di dare una conclusione alla storia, di dare a chi legge la soddisfazione che merita. Mi rende molto felice sentire che i lettori hanno apprezzato questa scelta.
Cosa pensi si dovrebbe fare per avvicinare nuovi lettori ai libri e in special modo ai tuoi romanzi?
Mentre crescevo, durante l’adolescenza, non ero una grande lettrice, ho iniziato a leggere molti libri intorno ai 20 anni. Per me è molto importante scrivere libri e renderli leggibili sia per le persone a cui piace molto leggere sia alle persone che non leggono molto. Per fare ciò ho costruito ogni personaggio con una evoluzione veloce , ogni personaggio ha una sua piccola auto-conclusione o qualcosa che fa capire che la sua storia continuerà. Le persone che leggono il mio libro lo fanno come se vedessero un film, quindi ho voluto scrivere tenendo un ritmo veloce. Penso che ogni tipologia di libro potrebbe avere appeal presso lettori meno “forti” se si tenesse un ritmo alto della narrazione, così da essere percepito più come un film che come un libro.
Violet è intrappolata in un mondo che non riconosce. Pensi che oggi siamo nella stessa condizione? Quali sono le ragioni di questo “comune disagio”?
Credo che Violet si senta intrappolata così come si sentono i ragazzi, maschi e femmine, che attraversano l’età dell’adolescenza. Violet Serafino non è consapevole delle sue potenzialità, in realtà lei è forte più di chiunque altro. Penso che i ragazzi e le ragazze di quest’età non si assentano mai “abbastanza” in ogni tipo di situazione. Quindi in un certo senso si, credo che questa storia sia anche una metafora dei nostri tempi.
Il tuo libro è stato opzionato per il cinema, hai paura che la tua storia verrà travisata?
Non ho paura che la storia possa essere travisato, perché un libro è una cosa diversa da un film. A volte cambiare qualcosa per adattare un libro al film può essere buono, a volte no. Ma credo che sia interessante spendere del tempo a lavorare su questo tipo di trasposizione, posso imparare molto dal mondo del cinema. In ogni caso, qualunque sia l’esito cinematografico, ciò di cui sono certa e mi rande tranquilla è il fatto che il libro non cambierà, rimarrà lo stesso anche se il film sarà terribile (ma non penso), il libro è ancora quello che le persone hanno letto. Una volta visto il film si può sempre tornare al libro, leggerlo e rileggerlo.
Sei coinvolta in qualche modo nella sceneggiatura?
Sono coinvolta nel senso che leggerò la sceneggiatura quando sarà finita, potrò porre questioni e proporre cambiamenti, se lo riterrò necessario. Questo è un processo molto delicato e le persone che stanno lavorando alla trasposizione sono persone che lavorano nel settore cinematografico da molto tempo, quindi aspetto di vedere cosa ne verrà fuori.
Alcune domande più personali: come hai deciso di diventare una scrittrice full time?
Volevo essere una scrittrice già da molto piccola, prima che mi piacesse leggere. Così ho iniziato a creare mondi, intrecci, che non facevo leggere a nessuno. Durante l’adolescenza sentivo di avere un guscio molto piccolo, così ho iniziato a leggere cose che ho amato, anche se c’era qualcosa che non mi soddisfaceva del tutto.
A livello pratico ho iniziato a scrivere all’età di sette anni perché avevo una maestra a scuola che ci chiedeva di comporre un paragrafo sui libri che leggevamo, la trovavo una cosa molto semplice in confronto alle altre materie scolastiche.
Ci sono molte blogger, fan e lettrici che amano il tuo libro, la maggior parte sono molto giovani tantissime vorrebbero diventare scrittrici. Che consigli puoi dar loro? Qual è la tua esperienza?
Credo che diventare scrittrici sia come diventare dottori o avvocati, ci sono anche passaggi noiosi. Per uno scrittore la cosa più difficile, secondo me, è finire un libro. Sviluppare e terminare un libro è molto difficile a differenza di iniziare un libro, che è molto semplice: hai una grande idea, sei ispirata, ami quello che scrivi e pensi che stai scrivendo la cosa migliore del mondo. Poi arrivi a pagina 50, 60 , 70 e pensi che ciò che hai scritto sia orribile, non finirai mai il libro. Poi, però, succede qualcosa, nel tuo cervello: hai una nuova idea che è una gran buona idea, e ritorna la fiducia nella scrittura, pensi che riuscirai a finire. Credo sia sempre importante finire sapendo che puoi avere un altro milione di buone idee. E vorrei aggiungere una cosa: non c’è niente di più sexy che avere una nuova idea.
Per quanto riguarda la mia esperienza avevo iniziato a studiare materie economiche e lavorare nel mondo della finanza, un altro mondo, ma non ho mai smesso di esercitare la mia fantasia. Penso che si possa insegnare come scrivere ma l’esercizio della fantasia è un esercizio da compiere ogni giorno.
Per quanto riguarda i giovani scrittori credo che la cosa più importante sia far capire loro cos’è lavorare e cosa non è lavorare. Quando si lavora bisogna insistere quotidianamente ed essere determinati. Questo per me è il decimo libro ed ora è facile vedere cosa c’è sbagliato, saper trovare gli errori, ma poi devo sempre confrontarmi con qualcuno, il mio editor per esempio.
Tra poco i lettori italiani leggeranno il secondo libro di “Violet”, vuoi dirci qualcosa su ciò che succederà?
Non dirò molto sul secondo libro, parlerò in codice, ma per chi ha letto “Violet” sarà facile capire di cosa parlo. Nel primo libro c’è un grande colpo di scena ATTENZIONE SPOILER e alla fine di esso Seraphina e Zen scappano da un luogo molto importante. Il secondo libro inizia con il racconto di ciò che avviene sei mesi dopo questa fuga, ovvero il loro arrivo in un posto speciale. Presto però scopriranno che il posto speciale dove sono capitati non è così sicuro e perfetto come sembra. Nuovi pericoli li aspettano. E Diotech, che sta cercando Seraphina, ha uno sviluppo inaspettato farà accadere qualcosa che forse gli consentirà di incastrare Seraphina per portarla indietro.
Ecco a voi l'intervista!
Ciao Jessica, parlaci di “Violet”. Come hai avuto l’idea? Da cosa sei stata ispirata?
Nel 2009 ho letto la notizia di una ragazza sopravvissuta a un incidente aereo, aveva 14 anni, tutti gli altri passeggeri morirono e lei fu l’unica sopravvissuta. È stato un evento grave, strano: non esiste alcuna spiegazione su come sia stata l’unica sopravvissuta se non un miracolo. Mi sono posta delle domande come, per esempio, cosa è accaduto alla sua memoria in un momento simile? Era in grado di ricordare il proprio nome o qualche altra cosa? Cosa sarebbe accaduto se il suo nome non fosse comparso sulla lista passeggeri e le sue impronte digitali non fossero state registrate? Mi sono anche chiesta cosa sarebbe successo se lei avesse avuto dei poteri sovrumani. La domanda più importante è stata: qual è la vera ragione per cui è sopravvissuta all’incidente? Queste sono le domande che mi hanno spinta a scrivere il libro.
C’è una ragione precisa dietro la scelta di una protagonista femminile?
Ci sono due ragioni per le quali ho scelto una protagonista femminile.
La prima, la più importante, è che io amo leggere storie di giovani donne dal carattere forte. Per questo motivo ho creato il personaggio di una ragazza superiore ma, allo stesso tempo, fragile.
Il secondo motivo è che, da donna, questa scelta mi ha permesso di interfacciarmi al meglio con il personaggio. Penso anche che ci siano molti libri con protagonisti maschili e che sia ora di dare voce a più personaggi femminili.
Se potessi entrare nel tuo libro, quale personaggio ti piacerebbe incontrare?
Credo che mi piacerebbe incontrare Cody, il fratello adottivo. Credo che sia un personaggio molto divertente e con una grande personalità.
Hai un qualche particolare oggetto che ti ha tenuto compagnia durante la stesura del libro?
Sono stata a Disney World e ho comprato un tazza da tè. Sono una sognatrice e mi piace fantasticare sulle cose: la chiamo “la mia tazza magica” e ho convinto me stessa che in qualsiasi momento io beva caffè o tè da quella tazza è come se bevessi un succo magico. Ogni giorno mi siedo, sorseggio e aspetto l’ispirazione per scrivere.
Quali canzoni ascoltavi durante la stesura del libro?
Non ricordo con precisione, solo alcune: Save me di Eminem, A Thousand Years di Christina Perri, Treacherous Taylor Swift.
Se ti venisse chiesto di salvare un ricordo, prima che la tua memoria venga cancellata, quale salveresti?
Nel libro Seraphina non ricorda la propria identità e cerca di ricordare. Alla fine credo che se la tua memoria viene cancellata, o la perdi sarà sempre una voce vera, a tua, dentro di te. E in quella bisogna sempre credere.
In questo periodo le trilogie vanno di moda. Il primo libro finisce sempre con un colpo di scena irrisolto, mentre tu hai deciso di scrivere un finale del primo libro soddisfacente. Perché questa scelta?
È una domanda molto interessante. L’idea di concludere un romanzo con un colpo di scena finale che si collega a un secondo libro è utile e affascinante ma, dopo averci pensato, ho deciso di dare una conclusione alla storia, di dare a chi legge la soddisfazione che merita. Mi rende molto felice sentire che i lettori hanno apprezzato questa scelta.
Cosa pensi si dovrebbe fare per avvicinare nuovi lettori ai libri e in special modo ai tuoi romanzi?
Mentre crescevo, durante l’adolescenza, non ero una grande lettrice, ho iniziato a leggere molti libri intorno ai 20 anni. Per me è molto importante scrivere libri e renderli leggibili sia per le persone a cui piace molto leggere sia alle persone che non leggono molto. Per fare ciò ho costruito ogni personaggio con una evoluzione veloce , ogni personaggio ha una sua piccola auto-conclusione o qualcosa che fa capire che la sua storia continuerà. Le persone che leggono il mio libro lo fanno come se vedessero un film, quindi ho voluto scrivere tenendo un ritmo veloce. Penso che ogni tipologia di libro potrebbe avere appeal presso lettori meno “forti” se si tenesse un ritmo alto della narrazione, così da essere percepito più come un film che come un libro.
Violet è intrappolata in un mondo che non riconosce. Pensi che oggi siamo nella stessa condizione? Quali sono le ragioni di questo “comune disagio”?
Credo che Violet si senta intrappolata così come si sentono i ragazzi, maschi e femmine, che attraversano l’età dell’adolescenza. Violet Serafino non è consapevole delle sue potenzialità, in realtà lei è forte più di chiunque altro. Penso che i ragazzi e le ragazze di quest’età non si assentano mai “abbastanza” in ogni tipo di situazione. Quindi in un certo senso si, credo che questa storia sia anche una metafora dei nostri tempi.
Il tuo libro è stato opzionato per il cinema, hai paura che la tua storia verrà travisata?
Non ho paura che la storia possa essere travisato, perché un libro è una cosa diversa da un film. A volte cambiare qualcosa per adattare un libro al film può essere buono, a volte no. Ma credo che sia interessante spendere del tempo a lavorare su questo tipo di trasposizione, posso imparare molto dal mondo del cinema. In ogni caso, qualunque sia l’esito cinematografico, ciò di cui sono certa e mi rande tranquilla è il fatto che il libro non cambierà, rimarrà lo stesso anche se il film sarà terribile (ma non penso), il libro è ancora quello che le persone hanno letto. Una volta visto il film si può sempre tornare al libro, leggerlo e rileggerlo.
Sei coinvolta in qualche modo nella sceneggiatura?
Sono coinvolta nel senso che leggerò la sceneggiatura quando sarà finita, potrò porre questioni e proporre cambiamenti, se lo riterrò necessario. Questo è un processo molto delicato e le persone che stanno lavorando alla trasposizione sono persone che lavorano nel settore cinematografico da molto tempo, quindi aspetto di vedere cosa ne verrà fuori.
Alcune domande più personali: come hai deciso di diventare una scrittrice full time?
Volevo essere una scrittrice già da molto piccola, prima che mi piacesse leggere. Così ho iniziato a creare mondi, intrecci, che non facevo leggere a nessuno. Durante l’adolescenza sentivo di avere un guscio molto piccolo, così ho iniziato a leggere cose che ho amato, anche se c’era qualcosa che non mi soddisfaceva del tutto.
A livello pratico ho iniziato a scrivere all’età di sette anni perché avevo una maestra a scuola che ci chiedeva di comporre un paragrafo sui libri che leggevamo, la trovavo una cosa molto semplice in confronto alle altre materie scolastiche.
Ci sono molte blogger, fan e lettrici che amano il tuo libro, la maggior parte sono molto giovani tantissime vorrebbero diventare scrittrici. Che consigli puoi dar loro? Qual è la tua esperienza?
Credo che diventare scrittrici sia come diventare dottori o avvocati, ci sono anche passaggi noiosi. Per uno scrittore la cosa più difficile, secondo me, è finire un libro. Sviluppare e terminare un libro è molto difficile a differenza di iniziare un libro, che è molto semplice: hai una grande idea, sei ispirata, ami quello che scrivi e pensi che stai scrivendo la cosa migliore del mondo. Poi arrivi a pagina 50, 60 , 70 e pensi che ciò che hai scritto sia orribile, non finirai mai il libro. Poi, però, succede qualcosa, nel tuo cervello: hai una nuova idea che è una gran buona idea, e ritorna la fiducia nella scrittura, pensi che riuscirai a finire. Credo sia sempre importante finire sapendo che puoi avere un altro milione di buone idee. E vorrei aggiungere una cosa: non c’è niente di più sexy che avere una nuova idea.
Per quanto riguarda la mia esperienza avevo iniziato a studiare materie economiche e lavorare nel mondo della finanza, un altro mondo, ma non ho mai smesso di esercitare la mia fantasia. Penso che si possa insegnare come scrivere ma l’esercizio della fantasia è un esercizio da compiere ogni giorno.
Per quanto riguarda i giovani scrittori credo che la cosa più importante sia far capire loro cos’è lavorare e cosa non è lavorare. Quando si lavora bisogna insistere quotidianamente ed essere determinati. Questo per me è il decimo libro ed ora è facile vedere cosa c’è sbagliato, saper trovare gli errori, ma poi devo sempre confrontarmi con qualcuno, il mio editor per esempio.
Tra poco i lettori italiani leggeranno il secondo libro di “Violet”, vuoi dirci qualcosa su ciò che succederà?
Non dirò molto sul secondo libro, parlerò in codice, ma per chi ha letto “Violet” sarà facile capire di cosa parlo. Nel primo libro c’è un grande colpo di scena ATTENZIONE SPOILER e alla fine di esso Seraphina e Zen scappano da un luogo molto importante. Il secondo libro inizia con il racconto di ciò che avviene sei mesi dopo questa fuga, ovvero il loro arrivo in un posto speciale. Presto però scopriranno che il posto speciale dove sono capitati non è così sicuro e perfetto come sembra. Nuovi pericoli li aspettano. E Diotech, che sta cercando Seraphina, ha uno sviluppo inaspettato farà accadere qualcosa che forse gli consentirà di incastrare Seraphina per portarla indietro.
Bella intervista :)
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