LE NOSTRE RECENSIONI


[BlogTour] Effetto Domino di Edy Tassi: Prima Tappa



Buongiorno Lettori!!!
Siete pronti?
Oggi parte il blogtour del libro Effetto Domino di Edy Tassi pubblicato da Harlequin Mondadori Editore SCHEDA LIBRO

In questa prima tappa vi presentiamo la protagonista Gloria Montanari e noi de Il colore dei Libri ce la immaginiamo così:



GLORIA MONTANARI


Un filo sottile di luce lattea filtrava incerta attraverso le tende accostate e subito veniva inghiottita dall’oscurità.
         La sagoma muscolosa si mosse nella stanza. Un’ombra densa, che avanzava verso di lei. Guardinga. Circospetta.
         Eppure non era difficile muoversi in quel buio. In fondo, le camere dell’Orchid Safari Club che occupavano giornalisti e fotografi erano tutte uguali. Bastava memorizzare la posizione dei mobili: il letto, le poltroncine, il tavolino, l’armadio...
         Un tonfo, il rumore stridulo del legno che grattava contro il pavimento e contemporaneamente un’imprecazione colorita. ... e la panca.
         In effetti Kevin era arrivato all’Orchid solo la mattina precedente. Ovvio che non avesse avuto tempo di memorizzare quei particolari.
         Gloria si girò su un fianco. Il fruscio sommesso del lenzuolo venne coperto dal monotono, lento rincorrersi delle pale sul soffitto e da una seconda imprecazione da parte di Kevin.
         «Cosa cazzo ci fa questa in mezzo alla stanza?»
         «Non è proprio in mezzo alla stanza» rispose Gloria, alludendo alla panca contro cui lui aveva appena urtato.


         «Be’, i suoi dannatissimi piedini sì. Che bisogno c’era di farli così grossi?»
         «Artigianato locale» rispose Gloria, reprimendo una risatina.
         Kevin sbuffò e si lasciò cadere sul letto. Il suo peso massiccio fece sussultare sia lei che il materasso. 



«Se oggi non potrò mettere gli anfibi perché mi sono rotto un dito contro quel maledetto affare» le disse in un tono lamentoso che contraddiceva la sua mole, «e verrò morso da un serpente a sonagli o da uno scorpione, sarà solo colpa tua.»
         Gloria si puntellò su un gomito. «Primo, non mi risulta che in Africa ci siano serpenti a sonagli. Secondo, oggi dobbiamo andare negli uffici della African Women e non in mezzo alla savana. Sono sicura che un paio di scarpe da ginnastica basteranno.»
         L’ombra davanti a lei si mosse. «Potrei non riuscire a infilare nemmeno quelle.» La voce di Kevin perse la nota imbronciata e si ridusse a un mormorio. La sua ombra si fece più compatta e vicina. La luce debole che filtrava dalla finestra accese un bagliore nei suoi occhi scuri, che per una frazione di secondo scintillarono come onice. «Perché non evitiamo di vestirci del tutto, sia tu che io, e non rimaniamo qui ancora un po’?»
         «Perché ho promesso a quelle donne che sarei tornata a trovarle.»
         «Invece potremmo ripetere quello che abbiamo fatto stanotte. Sarebbe molto meglio, non credi?» insistette lui.
         Gloria sollevò una mano giusto in tempo per frenare la discesa di Kevin su di lei. Sentì il rigonfiamento sodo di un pettorale e istintivamente ne seguì la linea leggermente arcuata. «Conosci le regole. Ho parlato chiaro ieri, giusto?»
         Sentì il pettorale irrigidirsi sotto le dita. Tutto il corpo di Kevin sembrò trasformarsi in un blocco di granito. Un blocco di granito molto contrariato.
         «Tempo scaduto, quindi?» le chiese.
         Gloria fece scorrere i polpastrelli verso il basso, per addolcire la pillola. «Temo di sì» rispose, con la giusta dose di rammarico nella voce. Quella che di solito con gli uomini funzionava.
         Infatti l’ombra si allontanò, interrompendo il contatto con la sua mano. «Peccato.»
         Il materasso oscillò di nuovo, quando Kevin si alzò. Gloria lo sentì cercare a tentoni la maglia che indossava la sera prima. Ci furono ancora due o tre imprecazioni colorite a testimoniare che la cosa non gli stava riuscendo e poi, di colpo, la porta della camera si aprì.
         Un rettangolo di cielo pallido squarciò il buio della stanza.
         «Ci vediamo alla macchina» le disse Kevin, prima di uscire. Poi la porta si chiuse e tutto tornò a farsi indistinto.
         Andata, pensò Gloria con un sospiro. Scalciò via il lenzuolo e si allungò, assaporando la sensazione delle braccia e delle gambe che si liberavano dell’irrigidimento notturno. Un altro uomo, un’altra notte. Ormai alle spalle entrambi.
         Assaporò quel pensiero famigliare, e stranamente si accorse che aveva un vago retrogusto amaro.
         Ridicolo...A lei andava bene così.
       Si alzò e andò a tirare le tende pesanti che oscuravano la stanza. Con uno sbadiglio osservò la distesa placida del lago Kivu, poi respirò il profumo del mattino.
         Una, due, tre volte. Con calma. Da sola.
         Le piaceva quel rituale. Osservare il lago, respirare, gustare ciò che di bello offriva quella terra che sapeva essere tanto spietata. E che lei doveva osservare, fotografare.
         Istintivamente, il suo sguardo andò alla sagoma scura della macchina fotografica, appoggiata sul tavolino. Non aveva ancora scaricato le foto del giorno prima e quasi senza rendersene conto allungò la mano verso l’apparecchio.Quando lo accese, la prima immagine che vide fu una capanna, davanti alla quale c’era una vecchia vestita con un abito africano, i lineamenti stranamente raffinati, quasi aristocratici.
         E poi due bambini, che all’inizio erano scappati terrorizzati davanti all’obiettivo, perché lo credevano un’arma. Ma poi erano tornati indietro e si erano avvicinati circospetti. Nell’immagine che lei aveva scattato la fissavano con occhi immensi. Le iridi e le pupille nere, la cornea candida, l’espressione guardinga e allo stesso tempo curiosa.
         Gli scatti scorrevano, tutti intensi. Fino a quello di due ragazze vestite con abiti colorati. Con il sole color papaia e un campo di girasoli alle spalle. Le tonalità vivide degli abiti ciclamino e zafferano. E i loro sguardi, lontani e allo stesso tempo rivolti verso l’interno. Quasi assenti eppure estremamente espressivi.Un ottimo scatto.
         Di quelli per cui valeva la pena andare fino a Kaniola, la valle degli orrori. Percorrere chilometri alla ricerca di una suggestione, di un’emozione. Qualcosa che scuotesse gli animi.
         Mezz’ora dopo, con la sacca della macchina a tracolla, Gloria uscì dalla sua stanza e si avviò verso il corpo centrale dell’Orchid. Sentiva già i raggi cocenti del sole che le colpivano la pelle nuda delle braccia. Era ancora abbastanza basso da annullare i colori e i dettagli di ciò che le stava davanti. Per questo non si accorse subito delle due sagome che l’aspettavano in fondo al vialetto.
         Le notò solo quando si mossero e si avvicinarono.
         «Signorina Montanari?» chiese quella di destra, quando fu a pochi passi da lei.
         E a quel punto Gloria distinse i baschi neri, le camicie blu, i gradi, la pistola allacciata su un fianco. Sbatté le palpebre.
         «Sì?»
         «Può seguirci, per cortesia?» le chiese il poliziotto. Ma la sua richiesta era chiaramente un ordine.


Mi raccomando non perdete i prossimi appuntamenti del BlogTour, attraverso i quali scoprirete anche gli altri protagonisti del libro!

20 Luglio Romance & Fantasy for Cosmopolitan Girls

22 Luglio Stelle nell'Iperuranio

24 Luglio Bookmarks are reader's best friends

26 Luglio Le lettrici Imperitnenti




Commenti

  1. Ciao a tutte! Grazie di avermi dedicato questo spazio e di aver voluto partecipare al blog tour del mio libro!

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    1. Ciao!! Grazie a te d'esser passata!! Spero ti siano piaciuti i "nostri" Gloria e Kevin :)

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