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Recensione: Un tappeto di boschi selvaggi di Nicolai Lilin

"Il mondo di ognuno di noi è fatto di particolari, piccoli e grandi, che raccogliamo percorrendo la vita. Ricordi, immagini, persone, oggetti, luoghi, odori, colori, suoni, emozioni formano il nostro modo di vedere e interpretare la realtà. La memoria degli uomini è come un caleidoscopio che in ogni secondo del tempo che passa cambia le immagini proiettate nella mente, trasformando il vissuto in esperienza, l’adesso in prima, la vita in ricordo."


Prezzo: € 28,00
Pagine: 224
Genere: Autobiografia
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 22 Ottobre 2015

"La memoria è un caleidoscopio. Immagini ed emozioni sono i suoi frammenti di vetro, che col tempo ci plasmano e nel tempo compongono forme sempre diverse. In questo libro ho raccolto i miei frammenti, le mie foto, i miei disegni. Quel che vedo quando penso a quel che sono."

Non sono solita a leggere scritti autobiografici, ho sempre la sensazione e la paura che l'autore voglia in qualche modo ingigantire quello che è realmente caricando il lettore di aneddoti insignificanti, per nulla divertenti ed emozionanti, ma ho sempre voluto sapere di più su Nicolai Lilin. Mi sono innamorata di lui come autore quando vidi, per la prima volta, il film Educazione Siberiana, tratto dall'omonimo libro, dove metteva in risalto una vita dura fatta di violenza e stenti, nella quale però mostrava molto coraggio e molto spirito di adattamento ed è stato da qui che ho desiderato addentrarmi nella sua vita, ovviamente metaforicamente parlando, e per questo motivo non potevo farmi sfuggire questo meraviglioso libro, una testimonianza di come un uomo possa vivere, nonostante tutto, amando ciò che lo circonda.
Come potete immaginare il libro è molto particolare, è a tutti gli effetti una sorta di album fotografico, fatto non solo di foto in bianco e nero, ma anche di suoi disegni a dir poco spettacolari e di paesaggi tanto ostili quanto belli e poetici, in cui Nicolai Lilin ripercorre la sua vita, fin dalla più giovane età, e quella dei suoi parenti, dai nonni fino ad arrivare a sua moglie e alla sua bambina. 
Oltre ad essere molto particolare è anche strutturato molto bene, non è suddiviso nei soliti capitoli o meglio, non proprio: il libro è scandito in fasi, proprio come le chiama lui, che rappresentano ciò che è stato l'autore e ciò che l'ha modellato e cresciuto fino a farlo arrivare dove si trova adesso.
Attraverso sentimenti ed emozioni forti il lettore è in grado di entrare in contatto con l'autore in maniera davvero molto intima, una volta terminata la lettura gli sembrerà quasi di conoscerlo da anni o quanto meno di averlo ascoltato narrare la sua vita per ore e ore come un nonno farebbe con i suoi nipoti, un'atmosfera magica, pregnante di un pathos che pochi sanno trasmettere. Pagina dopo pagina veniamo quindi a conoscenza dei particolari più belli o cruenti della sua giovinezza, vissuta nella sua terra natia, i primi amori, le guerre tra bande e quartieri, le sue passioni, prima fra tutte quella per le armi o quella per i libri e per i disegni, e sempre in questo modo si profilano davanti ai nostri occhi tutti i suoi avi, visti ed analizzati dal suo punto di vista, e si arriva, via via, ai giorni della guerra in Cecenia, a cui egli ha preso parte, al suo arrivo in Italia, alla sua voglia di fare e di vivere che ce lo fa riconoscere oggi.

"A me piaceva leggere, ma i libri erano una rarità. Nel quartiere avevamo una biblioteca pubblica, piccolissima, e una scolastica ancora più piccola. A casa c’era qualcosa, Dostoevskij, Turgenev, a dieci anni lessi Il maestro e Margherita di Bulgakov e capii che era un’opera importante. Mi piaceva la fantascienza americana anni Sessanta, c’erano dei bei racconti tradotti e pubblicati nei nostri giornali scientifici. Attraverso quelle storie gli autori descrivevano anche la loro idea del mondo, ne ricordo alcuni che implicitamente criticavano la guerra in Vietnam e io, che sono cresciuto sulla scia delle critiche all’intervento sovietico in Afghanistan, leggendo di quelle guerre intergalattiche capivo che il loro senso poteva essere applicato anche alla nostra storia. Erano cose che mi aiutavano a pensare."

Devo dire che le cose che mi sono rimaste impresse nella mente sono tante, ma se dovessi sceglierne qualcuna sicuramente la prima sarebbe la storia dei suoi nonni ed il modo in cui il nonno ha a tutti gli effetti rubato quella che sarebbe poi diventata sua nonna, ammetto di essermi emozionata nel leggerla e credo di averla riguardata più o meno un centinaio di volte e di aver provato e riprovato la stessa intensa emozione ogni volta; la seconda, invece, riguarda sempre il nonno e l'autore riporta le favole che era solito raccontargli e nel leggerle un senso di dolcezza mi ha pervaso l'animo ed immedesimandomi nel Nicolai bambino, in quel momento, mi sono sentita felice. Molti altri aneddoti poi sarebbero degni di essere citati, ma due aspetti in particolar modo sono stati raccontati con una grande intensità: la sua passione per i disegni, sfociata poi in tatuaggi magnifici, e il suo rapporto con le armi, due aspetti sotto molti punti di vista nettamente correlati tra loro, passioni che ancora oggi non l'hanno abbandonato e che, sono sicura, mai lo faranno.

La verità è che il tatuaggio mi affascinava ma io avevo sfruttato le lezioni soprattutto per stare lontano da una realtà che stava distruggendo molti miei amici. Non pensavo di stare costruendo il mio futuro: facevo qualcosa per non fare di peggio. Oggi il tatuaggio per me è anche un lavoro, ma se vent’anni fa mi avessero chiesto se il mio obiettivo fosse diventare un tatuatore, avrei risposto: “A chi volete che fregherà di vedere come si tatuavano i vecchi siberiani della Transnistria?”.

"Quando sono lì con le mie cose, il libretto per i dati, la rilevazione del vento e dell’umidità, il tiro diventa un’attività mentale da compiere in silenzio, da soli o con un buon amico, e in quei momenti posso tornare indietro nel tempo, sentirmi ancora il ragazzo che provava a colpire il bersaglio nel bosco. E che ancora ci prova, senza certezze, perché il tiro da lontano è sempre un azzardo, ogni volta devi dimostrare che sei capace di mandare fin là quel pezzetto di piombo, e se c’è un filo di vento che non hai percepito,
o un ruscello che non hai visto e la cui umidità devia la pallottola, tu il bersaglio non lo becchi. Nemmeno i campioni sanno dove finiranno i primi due o tre colpi."

Ci sarebbero miliardi di cose da dire su questo libro, ma penso che tutto possa essere racchiuso in una sola grande parola: EMOZIONE, perché è questo che Nicolai Lilin è in grado di trasmettere magnificamente ai suoi lettori, sorriderete e piangerete con molta facilità, ma non ve ne vergognerete e l'unica cosa che vi passerà per la testa sarà la vostra considerazione dell'autore come uomo che inevitabilmente crescerà. Nicolai Lilin è un uomo coraggioso, caparbio che, nonostante tutto quello che ha passato e che forse passerà, non rinuncerà mai a vivere, non rinuncerà mai a se stesso, ed è riuscito dove molti altri avrebbero fallito.

valutazione 5

Commenti

  1. Devo dire che non e il mio genere di libro, non mi piacciono i libri autobiografici, ma questo libro mi sembra di capire che e molto particolare, sia nello sfogliarlo sia nel leggerlo. pero trovo il prezzo un tantino esagerato

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    1. All'inizio per il prezzo ci rimasi malino anche io, poi ho visto il libro in libreria e fidati, è in parte giustificato, le dimensioni sono più grandi di un libro normale. Hai presente le varie autobiografie di cantanti vari, come Jim Morrison e simili, piene zeppe di foto, citazioni e quant'altro? Ecco, le dimensioni sono più o meno le stesse :)

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  2. Wow che recensione! *-* Non è neanche il mio genere, ma da quello che hai scritto sembra un bellissimo libro!

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  3. Davvero molto interessante :)

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  4. Sembra un libro davvero molto particolare. Recensione stupenda :)

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    1. Grazie! *-* Sì, è davvero molto particolare e molto intenso :)

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  5. Dopo aver letto educazione siberiana è un libro che si apprezza molto. Nei primi quattro libri-autobiografici-romanzati molti aspetti restano vaghi e nebbiosi (benché siano dei testi spettacolari). Un tappeto di boschi selvaggi non è solo un bel libro a se, ma valorizza in più tutto ciò che Lilin ha già scritto: le fotografie ad esempio mettono tutti i puntini sulle i in un albero genealogico alquanto complicato, che nei primi libri si fatica a capire. Più che autobiografia quella di Lilin è sociologia dell'epoca e dei luoghi in cui ha vissuto.

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