LE NOSTRE RECENSIONI


[BlogTour] La legge dei Lupi Nobili di PierPaolo Mandetta: quinta tappa



Buon lunedì ColorLettori,

oggi ospitiamo la quinta tappa dedicata al libro La legge dei Lupi Nobili e vi regaleremo degli estratti del libro!
Potete trovare la scheda completa del libro QUI

Invece per partecipare al GA vi ricordo di compilare il form qui sotto, esser follower dei blog ospitanti e commentare tutte le tappe :)




“Gli Ambasciatori possono rintracciare gli Sparvieri” risponde Noah. “E gli Sparvieri possono fare lo stesso con gli Ambasciatori. Ciò che hai appena visto è la nascita di una Sorgente, una fonte di male adoperata dagli Ambasciatori per controllare una nuova città.” «Controllare come? Perché nessuno li ferma?» “Gli Ambasciatori non sono stupidi. Sanno che comandare coi metodi degli uomini è più semplice che conquistarli coi soprusi. Così gli Ambasciatori sono diventati politici da votare. Padroni della medicina di cui le persone hanno bisogno. Dirigenti di Tv e giornali a cui la società fa riferimento per essere informata.” «Perciò... sono già ovunque. Allora a che serve reagire?» “La Sorgente sta nascendo. Ci sarà da divertirsi. Vuoi giocare?” «No!» “Andiamo a fermare la realizzazione della Sorgente. Ti mostrerò io il potere della Key to Harmony.” Il marciapiedi esplode in mille pezzi e dall’eruzione salta fuori un cavallo corvino sellato da un cavaliere in armatura. Un’armatura ricamata d’argento e dal mantello lucido. Il cavaliere sventola la spada ed è senza testa. «Oh mio Dio! Ma... ci vedranno tutti!» “Non se ne accorgerà nessuno.” Il cavaliere mi afferra per il giubbotto e mi carica sul cavallo. La bestia nitrisce su due zampe e parte al galoppo, filando tra le auto e i pedoni. La sella mi massacra la schiena e mi fa ribrezzo ancorarmi a un tizio a cui manca la testa. La nostra presenza sembra passare davvero inosservata. «È questo il potere della Key?» grido mentre il vento mi sferza la gola. “Tutto ciò che desideri. Sarà realtà. È la capacità dell’Armonia. La virtù che manipola i sogni.” Un cocente senso di colpa mi brucia la pancia. Perché sto dialogando con il responsabile della morte di mio fratello? Perché lo percepisco... vicino? No. Non è vicino. È simile. Il mio animo suggerisce simile. Non voglio crederci. «Il terremoto. Sei stato tu.» “Sì. Sono stato io. Ho ucciso tua madre.” Stringo le briglie e in me si disputa un’orrenda lotta. Contorta e inspiegabile. La collera per tutto ciò che Noah ha logorato dalla sua comparsa, e poi un’emozione vergognosa. Confidenza. Ma che cosa mi prende? Perché mi sento in questo modo nei suoi riguardi, se è un mostro? «Perché? Perché hai... ucciso mia madre?» “Perché la famiglia è una corda. Prima ti ci aggrappi, poi ti annoda il collo e tira.” «Sei un pazzo... Ti odio!» “Lo so. Me lo ripetevano da quando ero piccolo.”







Suppongo di essere morto. Perciò posso anche rilassarmi. Essere sincero, finalmente. Sono sempre stato invidioso. Di tante cose, di tante persone. Alle elementari mi feci la pipì nei pantaloni. I miei compagni risero, la maestra non li fermò, ma a ferirmi fu mia madre, chiamata per venire a prendermi. Si vergognò di entrare in classe e mi aspettò sul portone. Le altre mamme erano premurose e anteponevano qualsiasi bisogno dei figli alle loro urgenze. Mia madre no. Era come se le scocciasse prendersi cura di me. Mi ha sempre fatto sentire esposto, senza gli scudi dietro cui ogni bambino vuole ripararsi per poter crescere sano e robusto. Venne poi l’invidia per i ragazzi che facevano ciò che immaginavo a quell’età andasse fatto. Instauravano legami, si facevano belli per la sera, andavano in giro in motorino. Cenavano nei fast-food con spiccioli rubati ai genitori, davano i primi baci sotto i lampioni. Io lo sapevo. I loro rituali mi sminuivano e ogni giorno li confrontavo con i miei. Leggevo fumetti, restavo chiuso in camera per ore e ore fino a informicolirmi i piedi, e stavo così solo da dimenticarmi le sciocchezze più semplici della società. Salutare per strada, con quale intensità ridere a una battuta, in che modo risultare simpatico. Credo sia questo il vero problema del sentirsi soli. Che gli altri non lo sono. La consapevolezza ti esilia in un mondo tutto tuo, di protezione e arredi che rispecchiano la tua natura strana, ma da cui non riesci più a scappare. Da tana sicura si tramuta in prigione, e non riesci ad evaderne neppure quando le sbarre sono aperte. Essere schivo mi ha avvelenato. Li detestavo tutti perché non riuscivo a essere loro. Quei sorrisi felici, al muretto della scuola, nella pausa. I panini, i capelli, gli zaini scarabocchiati di cuoricini e promesse d’amicizia.







Mamma... Mamma, puoi sentirmi? Quando ero piccolo mi ordinavi sempre di comportarmi bene ed essere educato coi miei compagni. Se lo avessi fatto, loro mi avrebbero ripagato con altrettanta gentilezza. Non è vero, mamma, ti sbagliavi. Essere buoni non ripaga. Le persone non lo apprezzano. Seguivi il notiziario e ti avvilivi. Neppure tu credevi nelle parole fiduciose che mi mettevi nello zaino assieme alla merenda, mandandomi a scuola. Anche tu sapevi che era inutile. Per questo sei diventata fredda con me? Per questo sei cambiata? «Cosa ti prende, Michael?» mi sussurra Liam. «Rivangavo. Sai, mi sono ricordato di una cosa. So perché mi sembrava di averti già visto, quando entrai nell’Astrale. Avevo dieci anni e una mattina cominciasti a parlarmi. A me sembrava così vero che lo raccontai alla mamma. Lei mi disse di non farne parola con nessuno. La sentii piangere, una notte. Poi un giorno mi portarono da un dottore. Te lo ricordi, Liam?» «Sì, io guardavo. Eri così indifeso e spaventato da quello che stava succedendo. Per questo decisi di rimandare. Ho sbagliato tutto. Ho sbagliato i tempi, con te.» «Mi lasciarono lì per due giorni. Quel dottore mi parlava, mi dava delle pillole perché diceva che ero iperattivo e avevo allucinazioni. Poi tu te ne andasti, io smisi di dire che esistevi, e Noah mi fece dimenticare tutto. La mamma tornò a prendermi. Mi aveva abbandonato, però. Forse si sentiva tradita da me. Forse si era convinta di non essere stata ripagata a dovere per le sue cure.» «Nel suo piccolo ti amava, lo sai.» «A un figlio non serve che una madre lo ami nel suo piccolo.» «Michael, c’è guerra, là fuori.» «Lo so. Pensavo alla follia, appunto. Ricordo che quando ero con quel dottore avevo una paura fortissima di essere pazzo. Vedevo persone strane. Come si fa a capire di essere pazzi, Liam?» «Non si può. Accade e basta. E quando accade è troppo tardi per tornare indietro.» «È per questo che muore la gente? È da lì che proviene il Lupo, Parokinos?» «È uno di quei grandi mali. La malinconia porta al suicidio. La follia, invece, all’omicidio.» «Quante volte ho fatto colazione coi notiziari che annunciavano un mucchio di assassinii. Le persone sono così violente, Liam. Perché le proteggiamo?» «Neanche questo so per certo. Forse perché succede che qualche persona buona abbia bisogno di aiuto. E per non essere crudeli anche noi stessi, salviamo sia i violenti che gli innocenti, senza distinzione.» «Ma le persone violente fanno del male agli innocenti, quando diventano folli. Non è giusto. Mi piacerebbe... risolvere le cose. Guarire tutti. Sarebbe bello se nessuno soffrisse più. Se le persone smettessero di essere quello che sono.» «Non puoi cambiarle, purtroppo. È per questo che esistono gli Sparvieri, per difendere la razza umana da se stessa.» «Ma questa volta non potrò salvare nessuno, Liam. Quel Lupo è davvero troppo forte.» «Questo perché è davvero grande il numero dei folli. E i folli sono molto soli. Nessuno può aiutarli, piccolo Michael. Nessuno li raggiunge nella loro follia, nelle loro teste. La follia li isola, capisci? La follia rende soli. Incapaci di avvicinarsi al prossimo. Incapaci di chiedere aiuto.» «Ma allora... com’è che si parla a un folle?» «L’unico modo per sbalordire un folle è...» «Mostrargli un sogno!»




Di seguito trovate tutte le tappe già pubblicate di questo BlogTour e vi ricordo ancora una volta che partecipando ad ogni tappa avrete diritto ad esser sorteggiati per vincere una copia del libro!!





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