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RECENSIONE: UN MEDICO - LA STORIA DEL DOTTORE CHE HA CURATO IL PAZIENTE 1 DI R. BRUNO CON F. VITALE

 


UN MEDICO.
La storia del dottore che ha curato il PAZIENTE 1 


                                                                   di Raffaele BRUNO con Fabio VITALE



Prezzo:
17,00 €  | Ebook: 8,99 € |
Pagine: 153  | Genere:  Romanzo autobiografico |
Editore: HarperCollins  
Data di pubblicazione: 19 novembre 2020


Trama

Raffaele Bruno è il Direttore della Clinica delle Malattie Infettive al Policlinico San Matteo di Pavia e si ritrova a dover curare un paziente che diviene subito tristemente famoso: si tratta del paziente 1, il primo italiano affetto da infezione da SARS-CoV-2 conosciuto, trasferito da Codogno nel suo reparto. È il 21 gennaio 2020 quando in Cina comincia a parlarsi di un nuovo coronavirus. Sei giorni dopo l’OMS dichiara l’emergenza sanitaria internazionale.

Si naviga a vista, poiché si tratta di una realtà sconosciuta, che va affrontata un passo alla volta e che diventerà presto un’emergenza spaventosa che metterà il mondo in ginocchio. 



IL MIO PENSIERO SUL LIBRO

Una testimonianza lucida e preziosa, narrata in prima persona dal Dottor Bruno, Infettivologo pavese che, come molti colleghi, si è trovato ad affrontare l’onda d’urto di una spaventosa e sconosciuta realtà con il giornalista di Sky Tg24 Fabio Vitale. Non è uno sprovveduto, ha dovuto affrontare sfide impegnative nella sua carriera, come la guerra all’HIV quando ancora così poco se ne sapeva, quando i primi farmaci erano sperimentali e molti pazienti morivano di AIDS dopo una vita da schiavi dell’eroina, eppure sente di essere impreparato ad affrontare questo nuovo nemico prepotente, invisibile ma temibile e spesso letale.

“Questo approccio ci porta indietro di un secolo: noi medici, ormai abituati ad avere strumenti per affrontare quasi ogni sfida, ci troviamo catapultati in una realtà che non ci appartiene o, almeno, credevamo che non ci appartenesse più.”

“…un coronavirus nuovo, inedito per la scienza moderna? Ci ritroviamo a operare come i medici dell'Ottocento, osservando e sperimentando. E, ovviamente, sperando; sperando che tutto questo funzioni.”

Un libro pulito, lontanissimo dall’obiettivo autocelebrativo o pubblicitario, dallo stile essenziale, senza troppi fronzoli narrativi, ma semplice che arriva diretto e colpisce, apre gli occhi: Raffaele Bruno racconta utilizzando immagini vivide, senza risparmiare le emozioni e pareri personali e senza vergognarsi della sincerità con cui racconta, anche se questo significa mettere a nudo paure, insicurezza, stanchezza, difficoltà anche organizzative, il sovraffollamento ospedaliero: l’inferno che le strutture hanno dovuto attraversare in questi mesi bui e terribili.

“Siamo in mare aperto punto. È come trovarsi su una zattera, al buio, di notte, e pensare che quelle che vedi all'orizzonte sono le pinne di qualche delfino. Invece, ciò che ti aspetta, è un'onda anomala di venticinque metri”

 

Alterna emozioni e aneddoti vissuti a informazioni tecniche, ma senza tecnicismi, dove spiega in modo semplice e comprensibile anche dai non addetti ai lavori, i meccanismi dell’infezione, i reliquati che permangono dopo la guarigione clinica, le comorbidità, ma non solo: espone il suo punto di vista di infettivologo, utilizzando anche la storia a supporto della ciclicità degli eventi, le pandemie precedenti che dimostrano come il passato si ripeta senza però che necessariamente l’uomo sia pronto ad affrontarlo.

Ci racconta delle chat di reparto che danno supporto, coraggio, forza e sostegno, oltre che consigli clinici e terapeutici. Racconta dei colleghi che si ammalano, della stanchezza, della necessità di rivedere l’organizzazione degli spazi ospedalieri, riorganizzandoli e modificandone l’assetto secondo le nuove esigenze. Racconta dei Dispositivi di Protezione Individuali che indossati creano una “realtà ovattata”, una barriera anche al conforto, ai sorrisi e impediscono di tenere la mano di un paziente solo e spaventato. La comunicazione diventa ancora più difficile, sia con i pazienti che con i loro famigliari, per via delle barriere e delle distanze, è difficile dare sostegno o notizie, dovendolo quasi sempre fare attraverso il telefono.

Senza ironia presenta il virus del negazionismo che si ripresenta in ogni epoca, in occasione di eventi che hanno cambiato la storia, a causa della confusione nei cittadini per una carenza di informazione universale.

Sa tuttavia spogliarsi anche del camice, l’autore, e condividere le paure di uomo: paure per la famiglia per il quotidiano. Cambiano le priorità, la routine si trasforma e si vede costretto, come molti colleghi, ad autoisolarsi dalla famiglia, per proteggerla da se stesso e dal rischio che egli porta con sé. La paura, del resto, ci protegge, ci permette di sopravvivere.

Un libro davvero commovente e intenso che narra di storie tristi di morte e solitudine, ma anche conquiste di guarigioni e speranze.

Infine, si pone un interrogativo fondamentale.

Cambierà il concetto stesso di normalità?

Io, personalmente, credo sia già cambiato.

Senza rendercene conto abbiamo sperimentato nuovo concetto di normalità, che ci influenza quotidianamente.


“La normalità è un privilegio. Proprio quella normalità che abbiamo spesso relegato in un angolo della nostra vita, a fronte di maggiori obiettivi ed inarrivabili illusioni.”


“Credo che la normalità sia un privilegio che andrebbe custodito gelosamente.”

 

Come ho già detto in precedenza, leggo questi libri con occhi diversi: avendo vissuto esperienze simili come medico, mi è sembrato di guardarmi dall’alto e ho pianto, finalmente. Sono stati mesi complicati, intensi, difficili e così frenetici che qualche volta mi sembra di averli vissuti solo nella mia testa o peggio di non averli vissuti affatto, come se mi fossero stati strappati via, come se li avessi trascorsi spenta in un blackout personale. Rileggere esperienze e testimonianze accende un interruttore, un play che fa ripartire il nastro a rallentatore, dandomi modo di ripercorrerlo e analizzarlo, permettendomi di rivivere momenti che a volte dimentico di aver vissuto.

Ha diviso ma ha anche unito, questo maledetto virus, ha creato fratture profonde tra persone che prima credevano di condividere ideali e interessi, ma nello stesso tempo ha unito chi ha condiviso momenti difficili e provanti, ha consolidato “la squadra”.

Dovremmo imparare per essere pronti e uniti domani.

 

Cari lettori, se avete voglia di cambiare prospettiva, leggetelo.

“Siamo tutti dentro una pagina di storia condivisa che non va dimenticata.”

 

Gli autori devolveranno i proventi del libro in beneficienza alle famiglie degli operatori sanitari deceduti a causa del Covid-19.
























Ringrazio HarperCollins per la copia cartacea del libro.





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