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RECENSIONE: GIALLO NARCISO DI DONATA MARIA BIASE

 


 GIALLO NARCISO



                                                                   di Donata Maria Biase





Prezzo:
17,00 €  | Ebook: 9,99 € |
Pagine: 333 | Genere:  Romanzo |
Editore:  Cairo 
Data di pubblicazione: 11 febbraio 2021


Trama

Lorella De Santis, ingegnere di successo, per una serie di circostanze fortuite trasferisce la sua prestigiosa attività a Bellalba, un paesino a due ore di distanza dalla città, dove acquista e ristruttura una villetta sul mare che presto diventa il suo rifugio. Dopo la fine della storia con Valerio, che l’ha lasciata devastata e sfiduciata, non dorme più di tre ore per notte, pensieri le riempiono la mente e il suo pessimo stato d’animo le rende pesante le lunghe ore di lavoro. Ma una mattina, mentre si sta recando al lavoro in treno perché l’auto è in riparazione, incrocia una giovane donna molto bella, che scende di corsa e perde il suo diario. Lorella lo raccoglie e nonostante qualche reticenza dettata dal rispetto verso qualcosa di così personale e intimo, ne inizia la lettura, scoprendo così un mondo di amore e sofferenza per un uomo raccontato alla madre morta, che la scuote e la spinge ad affrontare, attraverso le parole di Elisa nelle quali ripercorre anche la sua storia, tutti i suoi fantasmi.

Inizia così un percorso di salvezza e guarigione, dove anche chi salva deve essere salvato.


   
IL MIO PENSIERO SUL LIBRO

Recensire questo romanzo mi mette in grande difficoltà.

Esso alterna la storia narrata da Lorella e brani del diario di Elisa, distinti tra loro anche graficamente.

L’espediente narrativo è di per sé efficace e interessante, ma è stato mal sviluppato, lo stile è ridondante e artificioso e il linguaggio è inutilmente ricercato, con un esagerato utilizzo di parole troppo pensate, studiate ed espressioni desuete che lo rendono poco fluido, innaturale, forzato: sembra quasi il tema di uno studente che si sforza nel trovare termini poco utilizzati per impressionare l’insegnante. Sicuramente dettagliato e rigoroso nelle descrizioni e nella grammatica, ma freddo, asettico, poco emozionale. L’autrice sarà anche abituata al rigore che le serve per scrivere documenti di lavoro, ma purtroppo lo stesso stile non si adatta alla stesura di un romanzo, che così non ha cuore, non ha anima. I dialoghi sono improbabili (chi parlerebbe così?!).

È difficile anche identificarsi con le protagoniste, irritanti, seccanti, fastidiosamente ingenue e puerili (“Fumo raramente, a volte solo per darmi un tono”: a 60 anni?! Incommentabile). Possibile che siano ancora così ingenue nonostante i 60 anni dell’una e i 40 dell’altra?

Lorella è inoltre un po’ troppo autocelebrativa: si descrive bella, perfezionista, intelligente, capace, irresistibile, affascinante, corteggiata (“assillanti corteggiamenti”, “gli uomini attratti da me non mancano”), brava nel suo lavoro, … è difficile che una persona reale e “normale” pensi questo di sé senza paura di sembrare egocentrica e antipatica. E come se non bastasse, sale pure in cattedra per giudicare le parole e le azioni di Elisa, senza nemmeno conoscerla se non attraverso le parole del diario che legge, senza averne diritto, invadendo la sua intimità: Elisa si rivolge alla madre morta, raccontandole cosa le accade, e Lorella legge e poi analizza dal suo punto di vista, tramite la sua esperienza e la sua personalità. Patetico.

Elisa dal canto suo è egoista, superficiale, infantile. Se poi è tanto dolce, amorevole, perfetta come Lorella la descrive (sempre deducendolo dalla lettura abusiva)… Perché è sola e senza nemmeno un amico? In uno dei brani del diario, questa solitudine è giustificata con una motivazione improbabile e inconsistente.

I due uomini saranno anche narcisisti, ma Lorella ed Elisa sono ossessive! Il loro atteggiamento è opprimente anche per il lettore.

Lorella si identifica con Elisa, o meglio, tende a trovare punti in comune tra le due vite e le due relazioni, fino a sovrapporle, tanto che anche i nomi dei due uomini sono molto simili.

Anche il diario è scritto con un linguaggio improbabile (chi si esprimerebbe così?), artificioso e poco spontaneo, e denota una personalità estremamente ingenua nonostante l’età, anche se Lorella lo nota e ne è consapevole. Il fatto che Elisa nel diario si rivolga alla madre, raccontandole informazioni che dovrebbe senz’altro sapere, a beneficio del lettore, con espressioni tipo: “Come sai…” contribuiscono, poi, ad appesantire la narrazione, così come i dettagli inutili e superflui e l’uso del passato remoto, sicuramente corretto dal punto di vista grammaticale ma pesante.

Tuttavia, Lorella tesse le lodi delle doti da scrittrice di Elisa, e nel farlo, rende l’autrice complice dello stesso atteggiamento autoreferenziale.

Irritante anche l’utilizzo di espressioni come “dolore lancinante”, “delusione d’amore”, “dramma”, “devastante”, “esagerato” per indicare la fine della sua relazione, tanto che divide la vita in “prima” e “dopo” Valerio: è un’esperienza che tutti vivono prima o poi! Inoltre, la storia con Valerio è durata soltanto tre anni, in età matura, non ci sono di mezzo figli, divorzio, o altre situazioni che possono davvero rovinare una vita, e il modo in cui ne parla mi sembra esagerato. Lungi da me giudicare i sentimenti altrui, ma ancora una volta mi sembra oltremodo artificioso.

Infarcito di fastidiosi luoghi comuni: “La natura dell’uomo è palesemente egocentrica”, gli uomini sono tutti brutti e cattivi e noi donne tutte poverine, maltrattate.

A tratti è addirittura delirante, per esempio quando immagina il dialogo che avrà con Elisa, convinta che vorrà ascoltarla, che si fiderà di lei, una perfetta sconosciuta, e promette di rimanerle accanto, senza mettersi minimamente in dubbio. Tira anche in ballo fili spirituali, mette in mezzo le anime delle mamme morte per giustificare il loro incontro.

L’autrice si lancia in un’analisi psicologica della personalità narcisistica, ma è difficile comprendere se ciò che scrive sia solo frutto di esperienza o se lo abbia studiato. Si è documentata? Lo ha letto su qualche rivista (scientifica)? La leggenda di Narciso e della ninfa Eco che dà origine al narcisismo edulcora un po’ la sostanza.

L’analisi della personalità narcisistica è basata solo sull’esperienza personale, e sulla documentazione, NON su criteri scientifici e professionali: in definitiva quindi si tratta semplicemente di un’analisi dei fatti da parte di chi non è del mestiere, fatta col piglio di chi si atteggia per sembrarlo e invece è solo una donna ferita. Il romanzo alla fine si riduce a questo: una storia banale come pretesto per parlare delle personalità narcisiste che tanto hanno ferito la protagonista. Esistono forse analogie con la storia dell’autrice?

In alcuni punti è anche superficiale, mancando l’approfondimento o la precisione di alcuni passaggi buttati lì senza attenzione.

Dipendenza e sudditanza affettive, fragilità emotiva, necessità di accontentarsi sono altri degli aspetti che emergono da questa lettura, con un maldestro tentativo di indagarne le cause.

Lentissimo, anche noioso in alcuni punti, è un romance prevedibile, mediocre e banale.

Tuttavia, il finale inaspettato risolleva un po’ le sorti di un libro mal riuscito e vale lo sforzo di arrivare fin lì: non posso anticiparvi nulla per evitare spiacevoli spoiler, ma posso dire che gli dà la scossa necessaria che gli serviva, per evitare di cestinarlo del tutto.

Peccato, perché l’idea era anche bella e interessante, e spero davvero che l’autrice riveda un po’ il suo stile, altrimenti il suo romanzo d’esordio resterà figlio unico. 























Ringrazio la casa editrice per la copia cartacea del romanzo.

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