Recensione: NATURA SELVAGGIA DI KYLE PERRY
Data di pubblicazione: 14 aprile 2023
Tasmania, giorni nostri. Un gruppo di quattro adolescenti in gita scolastica nei boschi con la classe sparisce senza lasciare traccia. Gli abitanti di Limestone Creek entrano subito in allerta, perché negli anni Ottanta, altre cinque ragazze scomparvero negli stessi boschi, rapite dall’”Uomo Affamato” la cui leggenda aleggia ancora in quelle zone. Arriva così da Sydney il detective Cornelius “Con” Badenhorst a capo delle indagini, e inizia la ricerca delle studentesse, resa difficile dai segreti e dai misteri di un luogo dalla mentalità chiusa, dalla corruzione, dalla politica di provincia e dagli abitanti dal carattere difficile.
Buongiorno, lettori!
Oggi vi parlo di questo thriller esotico: devo ammettere che l’ho voluto e chiesto personalmente, perché sinossi e presentazione mi hanno attirata e incuriosita. Mi sono innamorata dell’Australia (ci sono stata in viaggio di nozze) e mi è davvero rimasta nel cuore, quindi leggo volentieri tutto ciò che la riguarda, soprattutto se si fa cenno agli straordinari paesaggi. “Natura selvaggia” è ambientato in Tasmania, in realtà, che però non è dissimile dal punto di vista panoramico. Non ne sono rimasta delusa, perché la descrizione dei paesaggi è accurata e questo è un valore aggiunto perché sono luoghi poco conosciuti e conferiscono connotazione esotica interessante. Così come parlare di flora e fauna locali nominandoli e basta, con disinvoltura, senza spiegarle (a parer mio le spiegazioni appesantirebbero la narrazione). Sicuramente Kyle Perry conosce il paesaggio che racconta.
Si tratta
del romanzo d’esordio di Kyle Perry, la cui grande esperienza lavorativa a
contatto coi giovani lo ha certamente aiutato nel riprodurre così bene il mondo
dell’adolescenza e delle sue amicizie totalizzanti, difficoltà e debolezze che,
anche se l’abbiamo vissuta tutti, da adulti è così difficile da ricostruire.
Questo è
sicuramente un punto di forza del romanzo, che affronta temi impegnativi e di
grande impatto sulla storia e sul lettore: bullismo, violenza, abusi e
dipendenza, pedofilia, degrado, traumi infantili, il risvolto negativo dei
social, …
Tuttavia la
scrittura è ancora un po’ acerba e lo stile immaturo: l’inizio un po’ ambiguo e
poco comprensibile, bisogna tornare indietro e rileggere. Il percorso
investigativo è piuttosto disorganizzato e impreciso, langue, spesso è in
stallo e non fa passi avanti: purtroppo non è ben costruito e la polizia è
incompetente, a partire dalla comandante Normandy, per arrivare a Badenhorst e
al suo disturbo post traumatico da stress che lo rallenta, lo confonde, lo fa
vacillare e gli rende difficile pensare lucidamente: eppure è ancora in
servizio. Questo e altri sono i particolari ingenui e superficiali o
inverosimili che tolgono alla storia un po’ di credibilità.
La trama è
già vista, nulla di nuovo, compresa la solita filastrocca riferita alla
leggenda di un mostro e tramandata negli anni, la detective insubordinata, il
poliziotto corrotto, eccetera. In questo romanzo abbiamo però anche un elemento
interessante: il soprannaturale, ingrediente sempre accattivante ma che meritava
sviluppo e approfondimento migliori. Purtroppo è solo accennato ma accantonato
in fretta, invece aveva un gran potenziale: magari connesso alla cultura del
luogo, aggiungendo più mistero, più credenze popolari, come per esempio il
“Kooparoona Niara”, la Montagna degli Spiriti, appena nominato (invece
pettegolezzi sui personaggi e i loro inciuci sono dettagliati!).
L’autore vorrebbe creare mistero intorno alla storia, ma non sa renderla davvero intrigante e non sa creare la suspence fino in fondo, così il lettore resta piuttosto disorientato e in attesa di capire dove voglia andare a parare: i segreti e i trascorsi accennati e taciuti sono trascinati un po’ troppo a lungo (l’indagine che ha segnato il detective Con si rivela solo a pagina 263!), così se inizialmente l’alone di mistero cattura il lettore, poi si trascina in avanti ridondante e carica di ripetizioni che allungano il brodo, facendogli perdere pathos ed energia. Poteva essere tranquillamente sfoltito senza perdite dannose.
In alcuni
punti, inoltre, (non voglio spoilerare!!) la storia necessitava più forza
drammatica, più tensione: alcune tragedie dovrebbero essere sviluppate
diversamente, scuotendo le emozioni, invece non trasmette dolore né rabbia o
altri sentimenti che dovrebbe suscitare, da questo punto di vista è un po’
piatto.
Anche i
personaggi potevano essere meglio approfonditi, l’aspetto psicologico ed
emotivo è poco sviluppato quindi alcune scelte e certi comportamenti risultano
difficili da comprendere: Con Badenhosrst ed Elisa Ellis sono insulsi e
fastidiosi, Gabby dipende dai momenti, Madison è inverosimile.
Murphy invece
è un bel personaggio, ha un cuore buono intrappolato nel suo dolore e nel suo
smarrimento. Si è perso e deve ritrovarsi. Compie un bel percorso interiore grazie
all’amore e alla forza di volontà.
I capitoli
però sono brevi e dedicati al punto di vista di uno dei personaggio: questo lo
rende più incalzante, aumenta il ritmo e aiuta ad approfondire un pochino
meglio i pensieri dei protagonisti.
Molto
interessante il concetto che esprimono le ragazze, ma non posso approfondire
troppo per evitare spiacevoli spoiler; tuttavia posso dire che il loro
desiderio di cambiare le cose, aiutare e fare qualcosa di concreto dà valore al
significato dell’opera.
Il finale è
caotico e sbrigativo, inverosimile, esagerato: un’americanata che nulla
ha a che spartire con lo stile di tutto il lavoro. Bello però il colpo di scena
finale: per tutto il romanzo la verità è inafferrabile, appena credi di
toccarla si è spostata in avanti e la perdi di nuovo. L’autore è bravo a
confondere le idee, a nascondere i dettagli, a cambiare le carte in tavola e
tutti sono sospettati, nessuno è colpevole.
Infine,
l’epilogo misterioso lascia spazio all’immaginazione e chissà, magari a un
seguito…
Luoghi
comuni, pregiudizi, classismo, droga, dipendenza e loro drammatiche
conseguenze, autolesionismo, suicidio, adolescenza difficile e ferita sono i
temi chiave dell’opera: impattanti e drammaticamente attuali, sicuramente la confort
zone dell’autore che, come già detto, lavora coi giovani e conosce il loro
mondo sempre più spesso doloroso e difficile.
Lo stile è
migliorabile ma non malvagio: la scrittura è acerba ma ha sicuramente del
potenziale, c’è materiale su cui Perry può lavorare.
L’”Uomo Affamato”
non è altro che la metafora del nostro dolore che ci afferra e ci divora, e
selvaggia non è solo la natura del luogo in cui la storia è ambientata, ma
spesso anche quella dell’essere umano.
I mostri
sono in agguato. Dentro di noi e fuori.
Cosa è vero?
Cosa è solo frutto delle proprie paure?
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