Recensione: A Home Far Away di Teki Yatsuda
A HOME FAR AWAY
Pagine: 128 | Genere: Boys Love |
Editore: Panini | Data di pubblicazione: 1 gennaio 2024
Trama
Una notte Alan incontra Hayden, un giovane dallo spirito libero. I due vanno d'accordo, ma i nuovi sentimenti di Alan mettono alla prova la sua rigida educazione sconvolgendo la sua vita familiare. Hayden nel frattempo sta programmando di lasciare la città.
IL MIO PENSIERO SUL LIBRO
Home Far Away è un manga che non fa sconti.
Fin dalle prime pagine ci trascina in un mondo cupo e opprimente, dove la religione è usata come strumento di controllo, più che come conforto. Il protagonista, Alain, vive intrappolato in una casa che dovrebbe proteggerlo, ma che invece lo schiaccia sotto il peso del giudizio e della colpa: malato, viene considerato un peccatore, come se il dolore fisico fosse una colpa morale.
Durante una fuga quasi casuale, Alain incontra Hayden, un ragazzo sempre in movimento, apparentemente libero, ma in realtà segnato da ferite profonde. Entrambi portano sulle spalle un passato fatto di abusi, solitudine e incomprensione. Il loro incontro non è romantico nel senso classico del termine: è lo scontro tra due anime spezzate che riconoscono nell’altro lo stesso dolore.
La forza di Home Far Away sta proprio qui: evita con cura ogni cliché legato alla “redenzione attraverso l’amore”. Non c’è nulla di facile o idealizzato in questa storia. Il legame tra Alain e Hayden non è una fuga romantica, ma un disperato tentativo di sopravvivenza emotiva.
Alain e Hayden erano delle vittime.
Alain e Hayden sono dei colpevoli.
Non cercano l’amore — almeno non nel modo in cui siamo abituati a vederlo raccontato. Cercano qualcosa, o qualcuno, da chiamare casa. E proprio qui il manga colpisce più duramente: la casa, quella vera, non è un luogo fisico, ma una presenza, una persona che accoglie senza giudicare.
Il finale non consola, non offre illusioni. È un pugno nello stomaco.
Home Far Away non è una lettura leggera, né vuole esserlo. È una storia che brucia lentamente, che lascia il segno, che obbliga a riflettere. Non parla di fuga, ma di resistenza.
E, a volte, resistere non basta.
Barbara
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