Recensione: The Player Hater di Sara Ney
Trama
La trama si sviluppa nell’arco di un solo weekend, durante una mini vacanza sul lago organizzata dai rispettivi migliori amici dei protagonisti – che, per complicare le cose, sono anche fidanzati tra loro. Juliet e Davis, costretti a condividere un camper minuscolo, partono col piede sbagliato: lei lo trova arrogante, lui la giudica superficiale e insopportabile. Il classico enemies-to-lovers, insomma... o almeno così sembrerebbe.
Il romanzo è raccontato dal doppio punto di vista, con uno stile fluido e un ritmo piuttosto lento, che rispecchia bene l’atmosfera raccolta del weekend. La dinamica tra i due protagonisti si basa su scambi di battute, battibecchi leggeri e situazioni di convivenza forzata che fanno sorridere. Le scene spicy, presenti ma mai invadenti, aggiungono un tocco di brio senza distogliere l’attenzione dalla trama.
I personaggi sono interessanti, anche se non del tutto approfonditi. Juliet, all’inizio, appare come una ragazza viziata, antipatica e frivola. Ma, pagina dopo pagina, si scopre che è un’insegnante di scuola media, probabilmente più insicura che snob. Davis, invece, parte in modo piatto ma si rivela sorprendentemente dolce e maturo: ex giocatore di football, ora lavora nella finanza, fa volontariato sia con gli anziani che con gli animali abbandonati, e si prende cura della sorella e della nipotina. Una figura maschile piena di potenziale… che però resta solo abbozzata.
E qui arriva il punto debole del romanzo: tutto scorre in modo troppo veloce. Juliet e Davis iniziano il weekend come perfetti estranei che si detestano, ma finiscono per avvicinarsi – solo che non si capisce bene quando e come. Il loro legame manca di profondità e di evoluzione emotiva: le interazioni sono troppo brevi, i momenti significativi troppo pochi, e il lettore si ritrova a osservare da fuori, senza sentirsi mai davvero coinvolto.
Anche il finale lascia un po’ in sospeso: la storia tra Juliet e Davis non viene chiusa né approfondita, lasciando chiaramente spazio ai prossimi volumi della serie. Comprensibile, forse, ma non del tutto soddisfacente per chi cerca una conclusione più compiuta.
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