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[BlogTour] La vita di prima di Colette McBeth: Tappa #1 - Libro e Estratti



Buon Lunedì Colors,

iniziamo la settimana con un blog tour dedicato ad  un thriller!! Nella tappa di oggi, che è quella di apertura, vi presenterò il libro e vi lascerò un piccolo assaggio, giusto per stuzzicare a dovere la vostra curiosità!

Pronti?


LA VITA DI PRIMA


di Colette McBeth

Prezzo: € 18,50 | Ebook: € 9,99  |
Pagine: 388 | Genere: Thriller |
Editore: Piemme| Data di pubblicazione: 24 Ottobre

Trama


Melody non è più quella di prima. Da quando, apparentemente senza motivo, un uomo l'ha aggredita in un parco di Londra, lasciandola tramortita, le sue giornate sono fatte di ricordo e paura. Adesso che è passato qualche anno, però, sembra che la ferita si stia lentamente rimarginando. Grazie anche a suo marito, al bambino che aspetta, agli amici che non hanno mai lasciato il suo fianco. Una vita tranquilla, confortevole, dalla quale Melody si è lasciata avviluppare per dimenticare la paura. Eppure, a volte è una vita che ha il sapore di una prigione. Così, quando un'altra donna, Eve, viene aggredita in un altro parco, nello stesso identico modo, Melody decide di rimettere tutto in gioco. E, se non vuole continuare a vivere nella paura, dovrà scoprire chi si cela davvero dietro tutto quanto. Perché anche Melody stessa, nella sua vita di prima, ha più segreti di quanti chi le sta accanto possa immaginare. Ed Eve, anche se ora è morta, ha lasciato dietro di sé delle tracce che aspettano solo di essere seguite... In un turbine di colpi di scena, con una tecnica e una bravura invidiabili, Colette McBeth vi trascinerà nel profondo di una storia in cui la realtà assume le forme meno prevedibili, e rancore, paura, vendetta e amore si intrecciano indissolubilmente. Perché, come sempre, sta alle donne trovare, da sole, la chiave della loro stessa felicità, per riuscire finalmente a coincidere con la persona che vogliono essere. 
  
 


PROLOGO

A colpirlo è innanzitutto il freddo. Di solito, quando rientra dal giardino, sulla soglia viene sempre accolto da un’ondata di calore. Come ritrovarsi all’improvviso in un bozzolo di tiepida bambagia. Un bozzolo che ora manca. È la sua prima delusione.
Tra l’interno e l’esterno c’è la stessa temperatura, o una differenza così lieve da risultare impercettibile. Di certo non basta a scongelargli le dita, rosse come carne cruda. Inspira. Troppo tardi per pranzare? L’orologio della cucina glielo conferma: sono le tre passate.
Un po’ di brodo di pollo della mamma non sarebbe male, magari con un bel pezzo di quel pane che hanno preparato insieme il giorno prima, su cui spalmare uno strato di burro così spesso da vedere chiaramente il segno dei denti dopo ogni morso. Oppure un piatto di pancake. Altra cosa di cui va ghiotto, anche se ci sono poche probabilità di spuntarla con la mamma. «Se mangi quelle schifezze non diventerai mai alto come tuo padre» le piace ripetere, anche se poi lui le risponde sempre allo stesso modo: «Per me non c’è problema». Davvero, meglio non diventare come papà. Non si sente nessun odore. Neanche quello di pane e formaggio sul grill. Fa’ che non ci siano i sandwich, prega tra sé, preparandosi alla seconda delusione.
Dopo aver trascorso tutta la mattina fuori in compagnia di Christopher e Jamie, che abitano dall’altra parte della strada, e aver costruito un rifugio contro il frassino usando una tavola di legno abbandonata, tre vecchi cuscini presi dal capanno e una tela cerata proveniente dal giardino sul retro, un panino non gli sembra proprio una ricompensa adeguata. Anche il silenzio che regna in casa è strano. Molto, molto strano. Una quiete assoluta, mai sentita prima.
Per la maggior parte del tempo sono solo in due, ma fanno comunque un bel po’ di rumore. Sul piatto gira sempre qualche disco. La mamma è una fan dei Doors, e infatti lui conosce tutte le parole di Riders on the Storm, però non le dispiacciono nemmeno gli Abba. Quando le viene voglia di ballare, non c’è niente di meglio di Waterloo. È bello guardarla. Il modo in cui muove la testa su e giù, lasciando che i lunghi capelli biondi le ricadano sul viso... Ogni tanto cede e gli dà il permesso di ascoltare Pump Up the Volume o Rick Astley, ma solo se le promette che poi duetteranno sulle note di Stevie Wonder, I Just Called to Say I Love You. Lui finge che sia un peso e infastidito inclina il capo da una parte, come ha visto fare ai ragazzi più grandi, ma in verità è una cosa che adora: chiudere insieme gli occhi, lasciar andare la testa e immaginare di parlarsi al telefono. Alla fine lei prova a prenderlo in braccio, stupita di non esserne più capace: a dieci anni è troppo grande per essere sollevato, lo è già da un po’. Si accontenta quindi di fargli il solletico sul collo con piccoli baci. Sa di violetta, come le caramelle che gli piacciono tanto. Le sue preferite da sempre.
Entra in cucina. L’ambiente è spazioso. Da una parte ci sono i fornelli, gli armadietti e un grosso tavolo; dall’altra, nell’angolo adibito a soggiorno, un divano di velluto verde e una poltrona coordinata. Un tempo il cottage apparteneva alla nonna, che aveva un sacco di figli. Per questo è tutto più grande del necessario. Lui e la mamma – e papà, quando si degna di stare con loro – usano quella casa solo per le vacanze. Di fronte al divano c’è un camino immenso. Non uno di quelli a gas con i tizzoni finti, ma un vero camino a legna, con i ciocchi che stridono e scoppiettano e fiamme danzanti che gettano ombre in tutta la stanza. A volte, per cena, abbrustolisce il pane sul fuoco, infilzandolo con il forchettone da barbecue e avvicinandolo il più possibile alla fonte di calore, tenendolo così no a quando non comincia a tostarsi anche il viso. A quel punto recupera la fetta e dopo averla imburrata la mangia, accompagnandola con un bicchiere di latte.
Vorrebbe tanto scaldarsi le mani davanti al focolare, ma il fuoco è spento. Nessun sibilo o crepitio. Sulla grata c’è un pezzo di legno annerito, cosparso di bianco e grigio. «Mamma! Sto morendo di fame» grida. «Cosa c’è per pranzo?» Lo sguardo corre al tavolo, su cui sono posati un bicchiere di latte e un panino al prosciutto. Che delusione. Il prosciutto si piazza solo al quinto posto tra le sue preferenze, ma la fame non gli permette di fare lo schizzinoso. Si siede. Prima riusciva a dondolare le gambe sotto la sedia, ora sono troppo lunghe. «Dov’è finito il mio bambino?» si domanda ogni tanto la mamma, come fosse un mistero irrisolvibile. Senza nemmeno lavarsi le mani, azzanna il sandwich e lo divora. Sta per addentare l’ultimo pezzetto quando, dall’altra parte della stanza, nota due scarpe familiari che spuntano tra il divano e la poltrona. Se le ha lasciate lì, non può essere andata lontano. Alla seconda occhiata si accorge di una stranezza: le calzature sono rivolte verso l’alto, come quelle della Malvagia Strega dell’Est schiacciata dalla casa di Dorothy. Quelle della strega, però, erano rosse e luccicanti, mentre le scarpe della mamma sono di pelle marrone e mostrano segni di usura. 
Si avvicina per controllare. A pochi passi di distanza vede le gambe attaccate alle scarpe. Jeans strappati all’altezza del ginocchio. Il busto coperto da un top a righe rosse e bianche. Al collo una catenina d’oro con un uccellino in gabbia. Questo particolare gli strappa un sorriso. Da quando gliel’ha regalata per il suo ultimo compleanno, non se l’è mai tolta. «Voglio averti sempre con me» ha spiegato lei. Lo sguardo sale ancora e si ferma sul viso di sua madre. Gli occhi sono chiusi, ma non completamente, il che gli fa pensare a uno scherzo. Sembra pronta a saltar su da un momento all’altro con un «Bu!». È fatta così, o piange o ride. «Non conosce vie di mezzo» si lamenta papà, ma la sua opinione non conta. È meglio quando sono solo in due, liberi di piangere o ridere. Si china su di lei, trattenendosi dal gridare «Mamma!». Se sta dormendo, non c’è niente di peggio che svegliarla all’improvviso. E poi ha un’aria così rilassata, come quando la notte lui s’in la furtivo nel suo letto e la trova addormentata, con il viso caldo e disteso. Vuole solo guardarla per un po’.
Quando le gambe non ne possono più, si accuccia al suo fianco e le prende la mano. Ha sempre le estremità fredde, ma ora le dita sono davvero gelate, come ghiaccioli appena usciti dal freezer. La scuote con delicatezza, ma i suoi occhi restano chiusi. A questo punto capisce che potrebbe essere morta. Dopotutto ha dieci anni, non è mica stupido. Lo sa che cos’è la morte, lui e la mamma ne hanno parlato. La sera prima, mentre recitavano le preghiere e rivolgevano un pensiero a nonna Julia e zio Billy, lei gli ha ricordato che i defunti continuano a vegliare dal cielo. «Non possiamo vederli, ma in un certo senso sono ancora accanto a noi.» Dopo avergli arruffato i capelli, gli ha dato un bacio sulla guancia e l’ha tenuto stretto. «A volte le persone si stancano e devono riposare, per questo muoiono. Non devi aver paura o essere triste. Anche se ne senti la mancanza, saranno sempre con te.»
Con un dito sporco di fango le accarezza la guancia, sembra fatta dell’impasto con cui il giorno prima hanno preparato il pane. Le labbra sono di un rosso sbiadito, come quello di un ghiacciolo alla fragola dopo che gli è stato succhiato tutto il succo. Per un attimo pensa di correre dall’altra parte della strada a chiamare la vicina. Ma con cinque figli, la signora Docherty è sempre di cattivo umore. «Che c’è?» ringhia tutte le volte con un’espressione infastidita. L’unica di cui sembra capace. Rimane quindi dov’è. Non vuole lasciare la mamma. Niente paura. Se lo ripete fino a quando non è convinto. Niente paura. Non c’è motivo di averne, sono solo loro due. Con una mano sfiora le delicate maglie della collana. Ovunque sia andata, finché avrà la catenina al collo non potrà dimenticarsi di lui. Questo lo conforta. Gli piace l’idea di essere a cavallo tra due mondi: uno con un divano di velluto verde e un panino al prosciutto, l’altro invisibile. È come avere i superpoteri. Fuori la luce diminuisce. È fine ottobre, la notte scende in fretta. La stanza si fa buia, un velo grigio-blu sembra avvolgere ogni cosa. Va in camera a prendere il piumone con He-Man. Ormai è troppo grande per dormire con un personaggio dei cartoni animati sul letto, per questo non lo usa più a casa ma solo al cottage. Tornato in cucina, si corica accanto alla mamma e tira su il piumone per coprire entrambi. Poi la abbraccia, chiude gli occhi e scivola in un sonno profondo. Il giorno seguente viene svegliato dalle urla di suo padre.




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