RECENSIONE: LA SECONDA VITA DI MISSY CARMICHAEL DI BETH MORREY
Data di pubblicazione: 27 agosto 2020
Millicent Carmichael è un’anziana signora che vive in un quartiere signorile
londinese, in una casa molto bella e molto grande. Troppo grande, per un’anziana
signora che vive sola. Si sente vecchia, apatica e sola, una vecchia megera
distratta. Non ha amici, non ha più un marito al suo fianco, i suoi figli sono
lontani, geograficamente uno, emigrato in Australia con la famiglia,
caratterialmente l’altra con cui ha litigato e non si è più davvero
riconciliata.
Conduce un’esistenza apatica e solitaria
e semplicemente si lascia vivere, subendo lo scorrere del tempo e inanellando giorni
che si susseguono uguali uno dopo l’altro.
Poi un giorno, dopo aver cambiato idea
almeno una dozzina di volte, decide di recarsi al parco per assistere all’elettroshock
delle carpe, stordite dall’energia elettrica per essere trasferite in un altro
laghetto. È consapevole che non si tratti di un evento mondano imperdibile, ma
vuole avere qualcosa da raccontare ad Alistair durante una delle sue mail,
preoccupata sempre che lui, così impegnato e indaffarato, consideri banale la
vita della madre.
Durante l’operazione di pesca elettrica,
conosce così Sylvia, Angela e Otis e senza che lei se ne accorga, tutto
comincia a cambiare. “Perché le persone sono pronte non solo a giudicare, ma
anche a starti vicino. Basta permetterglielo."
Cari lettori,
questa recensione mi mette assai in difficoltà… Non perché il romanzo non
mi sia piaciuto, anzi, ma perché mi ha suscitato una tale tempesta di emozioni
che non so come riorganizzare le idee.
Millicent – Missy – è una settantanovenne in apparenza indifesa e sola
che però ha contribuito a creare il suo status, con un carattere spigoloso scalpellato
dal tempo e modellato per non soffrire più. La sua casa è ormai troppo grande e
troppo silenziosa, ma conserva il riflesso di quello che era anni addietro, pulsante
della vita di una famiglia con due bambini, poi adolescenti. Il marito adorato,
Leo Carmichael, brillante e apprezzato accademico non è più una presenza concreta
in quella grande casa, e Missy proietta nella dimora silenziosa ricordi e i rimpianti,
annaffiandoli con un po’ troppo sherry. Le cose le vanno sempre storte, non ha
amici su cui contare e alcuni segreti le pungolano l’anima, accrescendo uno
strato di rimorso, rammarico, desolazione, stanchezza e senso di colpa che è
andato via via accumulandosi anno dopo anno mentre tenta di aggrapparsi con
tenacia ai fili di una vita che non esiste più.
Conosciamo così Missy, ed è proprio così che la conoscono anche gli
altri personaggi di questa storia, coloro che poi imparano ad apprezzarla e
amarla e che la aiuteranno a lasciarsi alle spalle la vecchia se stessa e
iniziare così la sua “seconda” vita, la sua seconda possibilità di essere
felice.
Amicizia, affetto, solidarietà, rinascita, altruismo, cambiamento sono
gli ingredienti che Beth Morrey con delicatezza miscela in questo romanzo dolce
e intimo, con un risultato incredibile. Non ci sono colpi di scena clamorosi,
non ho avuto mai quella sensazione di ansia che ti tiene incollato alle pagine
tra suspence e dinamismo, ma la storia fluisce, lentamente, dolcemente e ti
trasporta nelle sue pieghe. È uno di quei romanzi che puoi interrompere senza il
trauma del distacco e poi riprendere senza aver dimenticato ciò che hai letto
fino a quel punto, come se avessi vissuto le vicende con i protagonisti e fossi
parte della storia, senza però che sia monotono o noioso, semplicemente scorre
e rotolando ti trascina con sé.
Inseriti nella narrazione che li incornicia, numerosi flashback,
attraverso i quali il lettore può curiosare nella vita di Missy, che non è
priva di segreti e dolori. La sua esistenza è descritta come quieta, senza
scossoni, senza grandi slanci, un marito su cui sono state puntate da sempre le
luci della ribalta, lasciandola appena in penombra, un matrimonio “senza fuochi
d’artificio”, nonostante i suoi sforzi, una figlia che non ha mai capito, un
figlio archeologo che ha seguito l’amore in Australia, privandola della
compagnia dell’adorato nipotino. Qualche peccato di gioventù, e un senso di
colpa che la schiaccia e la tormenta e del quale non potrà, forse, liberarsi
mai.
Queste finestre sulla sua giovinezza e sui pensieri più intimi ci
permettono di comprenderne le ombrosità e ce la rendono più umana, più vera, indipendentemente
dal nostro punto di vista sulle sue scelte. La narrazione in prima persona,
inoltre, contribuisce all’atmosfera intima, come una chiacchierata in
confidenza con una vecchia amica.
Ogni personaggio è ben caratterizzato, ben delineato dalla penna della
Morrey, e sembra quasi che ognuno abbia un ruolo ben preciso nella nuova vita
di Missy, nel suo processo di trasformazione, come un bouquet in cui ogni
elemento contribuisce a creare armonia e rende l’insieme bello e gradevole,
legandosi agli altri in equilibrio perfetto.
Le pagine sono tante, ma non sono troppe, perché nonostante in molte di
esse non accada davvero qualcosa, non è ridondante, e ognuna di quelle 330
pagine contribuisce al fluire della storia, tanto che al suo termine capisci
che ti mancherà.
Offre notevoli spunti di riflessione, sull’amicizia, sull’amore, sul
matrimonio e sul modo di vedere noi stessi: nessuno dovrebbe mai farsi da
parte, ma bisogna lottare per ciò in cui si crede, senza sopprimere il proprio
essere, senza emarginare emozioni e pensieri e mettere a tacere i desideri e opinioni.
Ognuno ha diritto di poter essere se stesso ed essere apprezzato
comunque per come è, ma non solo: dovremmo dare agli altri la possibilità di apprezzarci.
Lasciamo che siano gli altri a decidere che ne vale la pena, senza penalizzarci
da soli in partenza!
E infine, saper cambiare idea: mettere da parte l’orgoglio e fare un
passo indietro. Per stare bene. Per stare meglio.
“Se vuoi davvero qualcosa, tieni duro”.
Missy Carmichael ci insegna che l’amore può, amore inteso col
significato più ampio – diciamo british per stare in tema – di affetto, del
bene che qualcuno vuole a qualcun altro, che sia un partner, un nipote
acquisito, un cane adottato controvoglia, un famigliare, un amico che ti
sostiene o una madre single.
L’amore condiziona, guarisce, trasforma, aiuta.
“L’amore genera amore e io ne avevo tanto da poterlo restituire di
riflesso”
E' stato in qualche modo paragonato ad "Eleanor Oliphant...", e in qualche modo lo ricorda, anche se i personaggi sono diversi sotto tanti aspetti (lo abbiamo recensito qui sul blog) e se vi era piaciuto credo che vi piacerà anche Missy.
Cosa aggiungere, Colors? Ho volutamente omesso alcune informazione per evitarvi spoiler, naturalmente. 😉 ma spero di essere stata convincente!
Fatemi sapere!!









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