Recensione: L’aiutante di Babbo Natale di Hayden Hall
Trama
L’Aiutante di Babbo Natale ci trasporta a Christmas Falls, un luogo che racchiude tutta l’atmosfera avvolgente delle feste ma che, sorprendentemente, diventa teatro di uno scontro tra ambizione e autenticità.
Al centro della narrazione c’è James, un uomo interamente guidato dalla sua scalata professionale nella frenetica New York. Torna nel suo paese natale con un progetto all’apparenza innocuo: rilevare il negozio di giocattoli del nonno Nicholas. Ma dietro a quell’intento si cela un obiettivo più subdolo — usare l’attività di famiglia come trampolino per avanzare nella carriera, vendendo l’artigianalità del nonno a una grande catena commerciale.
Appena arrivato, James si scontra con Ezra, l’attuale collaboratore di Nicholas e l’anima allegra e luminosa del negozio. L’incontro tra i due è tutt’altro che idilliaco: James, con la sua facciata dura e il cinismo tipico della città, vede Ezra come un ostacolo; mentre Ezra lo percepisce come una minaccia all’equilibrio e alla serenità che ha finalmente trovato a Christmas Falls.
Ezra incarna la semplicità e la passione. Dopo essere stato cacciato dalla sua famiglia per la sua omosessualità, è stato accolto da Nicholas, trovando nel negozio e nella cittadina un rifugio sicuro e un autentico senso di appartenenza. Ama l’atmosfera familiare, e sotto la guida del nonno sta imparando l’arte dell’intaglio del legno — un sapere antico che si oppone alla standardizzazione delle grandi produzioni industriali.
James, al contrario, quell’arte l’aveva imparata da ragazzo, ma col tempo l’ha abbandonata, sacrificandola in nome dell’anonimato e della sicurezza che una metropoli come New York può offrire. Un anonimato che lo protegge, sì, ma lo priva anche della capacità di sentirsi davvero visto e accettato.








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